Percorso tematico
Profeta di una chiesa che guarda lontano*¹
I discorsi in Fiera di Giovanni Battista Montini
Giovanni Battista Montini diventa arcivescovo di Milano il 1° novembre 1954 e fa il suo ingresso in diocesi il 6 gennaio del 1955. Ricoprirà questo ruolo fino al 1963, quando diventerà papa con il nome di Paolo VI, poco dopo la convocazione del Concilio Vaticano II.
È, quello di Paolo VI, e ancora prima di Giovanni Montini, un tempo di cambiamento.
Lo scenario internazionale è attraversato da scossoni di portata epocale (la Rivoluzione culturale in Cina, l’assassinio di Malcolm X, la guerra in Vietnam, la contestazione giovanile, la Guerra Fredda). È il mondo tutto a esserne investito: cultura, costumi, politica, lavoro, bisogni sono alcune delle dimensioni che vedono saltare equilibri stantii e vecchi confini.
Cambiamenti profondi, che mettono la religione cristiana di fronte a sfide nuove, chiamandola a confrontarsi su dimensioni più terrene.
[1] Papa Francesco, 14 ottobre 2018, riferito al processo di canonizzazione di papa Paolo IV.
Giovanni Battista Montini diventa arcivescovo di Milano il 1° novembre 1954 e fa il suo ingresso in diocesi il 6 gennaio del 1955. Ricoprirà questo ruolo fino al 1963, quando diventerà papa con il nome di Paolo VI, poco dopo la convocazione del Concilio Vaticano II.
È, quello di Paolo VI, e ancora prima di Giovanni Montini, un tempo di cambiamento.
Lo scenario internazionale è attraversato da scossoni di portata epocale (la Rivoluzione culturale in Cina, l’assassinio di Malcolm X, la guerra in Vietnam, la contestazione giovanile, la Guerra Fredda). È il mondo tutto a esserne investito: cultura, costumi, politica, lavoro, bisogni sono alcune delle dimensioni che vedono saltare equilibri stantii e vecchi confini.
Cambiamenti profondi, che mettono la religione cristiana di fronte a sfide nuove, chiamandola a confrontarsi su dimensioni più terrene.
[1] Papa Francesco, 14 ottobre 2018, riferito al processo di canonizzazione di papa Paolo IV.
Il rapporto con Milano
“Dare lavoro all’uomo è una condizione indispensabile per la pace”
Quella che Montini “eredita” è una città investita da una crescita senza precedenti: il boom economico ha portato con sé l’accelerazione di tutti i processi, uno sviluppo urbano caotico e spesso deregolato, l’esplodere e il radicarsi di nuove conflittualità sociali, l’affermarsi di nuovi sistemi valoriali con cui interpretare e vivere il lavoro, i diritti, la rappresentanza sindacale, la partecipazione alla vita democratica.
Anche Montini pare, genuinamente, interessato a comprendere il mondo nuovo della città, a sondarne le logiche produttive, a conoscere il mondo del lavoro.
Questa sua apertura trova espressione privilegiata nel rapporto instaurato con l’Ente Fiera.
“Dare lavoro all’uomo è una condizione indispensabile per la pace”
Quella che Montini “eredita” è una città investita da una crescita senza precedenti: il boom economico ha portato con sé l’accelerazione di tutti i processi, uno sviluppo urbano caotico e spesso deregolato, l’esplodere e il radicarsi di nuove conflittualità sociali, l’affermarsi di nuovi sistemi valoriali con cui interpretare e vivere il lavoro, i diritti, la rappresentanza sindacale, la partecipazione alla vita democratica.
Anche Montini pare, genuinamente, interessato a comprendere il mondo nuovo della città, a sondarne le logiche produttive, a conoscere il mondo del lavoro.
Questa sua apertura trova espressione privilegiata nel rapporto instaurato con l’Ente Fiera.
Un arcivescovo in Fiera
Intorno all’agorà si allunga la polis, intorno al mercato si sviluppa la città, la vita commerciale dà incremento alla vita civile e alla vita politica. (cfr. Omelia del 13 aprile 1958)
Tra gli interventi “milanesi” è possibile isolare un piccolo nucleo in cui confluiscono discorsi pronunciati in Fiera o rivolti agli operatori: si tratta di alcuni frammenti estemporanei (1959, 1961, 1962), sette Omelie (pronunciate in occasione delle celebrazioni per gli operatori e gli espositori, dal 1956 al 1963) e due discorsi in contesti non religiosi (1956 presso la Biblioteca Ambrosiana e 1960 in Fiera, per l’inaugurazione della statua dedicata a Sant’Ambrogio).
Sono discorsi lucidi e mai circostanziati, che oscillano tra diverse e cangianti sfumature: l’entusiasmo verso un mondo del lavoro operoso, la cautela davanti all’idea tutta umana di potersi costruire da sé un paradiso di felicità terrena, il richiamo alla dimensione sociale che ogni forma di profitto dovrebbe contemplare, la trascendenza come ideale elevazione dalla dimensione materiale a quella spirituale.
Il suo è, nei fatti, un intento evangelizzatore, che si rivolge verso la modernità che gli si dispiega davanti, ma anche un desiderio autentico di costruire un dialogo schietto con la società produttiva milanese che vive e prospera in quei concitati decenni, con l’obiettivo, mai celato, di ricondurre una città che appare inevitabilmente animata da forze contradditorie verso un destino comune, al tempo morale e spirituale, ricostruendo un legame tra il mondo imprenditoriale e lavorativo e la dimensione religiosa.
Un posto speciale tra i discorsi merita senza dubbio l’intervento tenuto in occasione dell’inaugurazione della statua di Sant’Ambrogio in Fiera.
Intorno all’agorà si allunga la polis, intorno al mercato si sviluppa la città, la vita commerciale dà incremento alla vita civile e alla vita politica. (cfr. Omelia del 13 aprile 1958)
Tra gli interventi “milanesi” è possibile isolare un piccolo nucleo in cui confluiscono discorsi pronunciati in Fiera o rivolti agli operatori: si tratta di alcuni frammenti estemporanei (1959, 1961, 1962), sette Omelie (pronunciate in occasione delle celebrazioni per gli operatori e gli espositori, dal 1956 al 1963) e due discorsi in contesti non religiosi (1956 presso la Biblioteca Ambrosiana e 1960 in Fiera, per l’inaugurazione della statua dedicata a Sant’Ambrogio).
Sono discorsi lucidi e mai circostanziati, che oscillano tra diverse e cangianti sfumature: l’entusiasmo verso un mondo del lavoro operoso, la cautela davanti all’idea tutta umana di potersi costruire da sé un paradiso di felicità terrena, il richiamo alla dimensione sociale che ogni forma di profitto dovrebbe contemplare, la trascendenza come ideale elevazione dalla dimensione materiale a quella spirituale.
Il suo è, nei fatti, un intento evangelizzatore, che si rivolge verso la modernità che gli si dispiega davanti, ma anche un desiderio autentico di costruire un dialogo schietto con la società produttiva milanese che vive e prospera in quei concitati decenni, con l’obiettivo, mai celato, di ricondurre una città che appare inevitabilmente animata da forze contradditorie verso un destino comune, al tempo morale e spirituale, ricostruendo un legame tra il mondo imprenditoriale e lavorativo e la dimensione religiosa.
Un posto speciale tra i discorsi merita senza dubbio l’intervento tenuto in occasione dell’inaugurazione della statua di Sant’Ambrogio in Fiera.
Discorso alla Fiera Campionaria per la benedizione della statua di sant’Ambrogio
17 aprile 1960
Signor Presidente!
Signori!
Una volta ancora mi è dato l’onore di visitare la Fiera di Milano, e di ammirare questo magnifico emporio, dove Milano, l’Italia e quasi cento nazioni espongono ciò che di più perfetto, di più utile, di più moderno ingegno e lavoro hanno saputo produrre, e lo offrono ai liberi e stimolanti commerci, che vogliono diffondere nuova prosperità nel mondo e affratellare i popoli con i pacifici vincoli dei rapporti
Economici.
(…)
Ma un motivo particolare accresce assai, quest’anno, la mia soddisfazione, e vi aggiunge un gaudio nuovo, che ben si addice a questo giorno di Pasqua, sacro alle gioie dello spirito, offrendo a me la lieta sorpresa
di venerare e benedire, ospite singolare, la statua di Sant’Ambrogio, che, (…) qui sta, simbolo del popolo milanese, che non indarno ambrosiano si chiama, segno d’una civiltà, che da Roma umana e cristiana prende incomparabile carattere universale e monumento d’una tradizione, che da oltre quindici secoli innesta nella storia d’Europa e del mondo un contributo vitale di pensiero, di arte e di azione.
Lasciate ch’io vi manifesti una mia prima impressione, (…) e cioè: questa figura qui, singolare sì, non è tuttavia estranea. Austera ed assorta, essa guarda la febbrile attività che la circonda, con simpatia, con ammirazione, con fiducia, quasi egli, Sant’ Ambrogio, la vigilasse e la incoraggiasse ad entrare in un disegno a lui noto, in un concerto di cui sta preparando inattese armonie; quasi la proteggesse perché nessuna discordia la possa turbare, nessun errore la possa volgere ad inutile o tragico fine; e quasi ancora egli conciliasse su tanta umana fatica la speranza d’un merito che non si consuma nel tempo e la protezione d’una Bontà divina, rivelatrice dei segreti tesori che noi andiamo scoprendo nell’universo (…).
Familiare ed amica allora questa paterna figura, essa mi sembra annunciare qui dentro un presagio di grandissima importanza, un sintomo felicissimo per la soluzione d’uno dei più difficili e dei più urgenti problemi del nostro tempo. II problema è questo: quello dell’accordo del fatto cristiano e dello spirito religioso con la mentalità tecnico-scientifica del mondo moderno.
(…)
È chiaro che la frattura prodottasi tra la nostra tradizione religiosa e la nostra enorme e meravigliosa conquista della natura non può durare (…). Ed è chiaro altresì che una vigilia di nuova spiritualità, conforme alle esigenze dei raffinati ed esasperati animi moderni, ormai tutti ci risveglia (…) e freme quasi il bisogno d’una sintesi nuova di tutta questa conoscenza e di questa esperienza del mondo naturale, la quale ci porta alla fine a fissare nell’uomo, nella sua vita, nei suoi fenomeni sociali, nei suoi destini, il centro.(…) Ma la soluzione dei problemi, che l’inquieto mondo moderno viene inconsciamente reclamando, e che lo stesso progresso tecnico e sociale, di cui questa Fiera è meraviglioso campione, acutizza con implacabile urgenza, sembra ormai essere non solo necessario, ma possibile. Si tratta di dare a questa città dalle mille luci artificiali un nuovo raggio di luce viva e divina; (…) si tratta di rifare il ponte fra Cristo (…) e l’uomo.
(…)
Ed ecco il presagio; ecco l’inizio. Qui dove invenzioni e scoperte, formule e ritrovati d’ogni genere documentano il lavoro di ieri e di oggi e lasciano intravedere il progresso di domani, qui una novità superiore si annuncia e s’inaugura; è l’incontro del mondo nuovissimo e Cristo, l’eterno. (…).
Di questo incontro simbolo è Ambrogio; promotore, protettore è Ambrogio: il romano in suolo milanese, il magistrato diventato vescovo, il letterato divenuto maestro, uno dei più alti tipi di uomo civile, che si è fatto santo; il genius loci, il nostro spirituale rappresentante. (…)
Una nuova pace, una nuova prosperità, una nuova civiltà si irradiano sul cielo della storia.
Auspice è questa Fiera di Milano, Signor Presidente.
Se così è, gloria migliore non le poteva toccare.
17 aprile 1960
Signor Presidente!
Signori!
Una volta ancora mi è dato l’onore di visitare la Fiera di Milano, e di ammirare questo magnifico emporio, dove Milano, l’Italia e quasi cento nazioni espongono ciò che di più perfetto, di più utile, di più moderno ingegno e lavoro hanno saputo produrre, e lo offrono ai liberi e stimolanti commerci, che vogliono diffondere nuova prosperità nel mondo e affratellare i popoli con i pacifici vincoli dei rapporti
Economici.
(…)
Ma un motivo particolare accresce assai, quest’anno, la mia soddisfazione, e vi aggiunge un gaudio nuovo, che ben si addice a questo giorno di Pasqua, sacro alle gioie dello spirito, offrendo a me la lieta sorpresa
di venerare e benedire, ospite singolare, la statua di Sant’Ambrogio, che, (…) qui sta, simbolo del popolo milanese, che non indarno ambrosiano si chiama, segno d’una civiltà, che da Roma umana e cristiana prende incomparabile carattere universale e monumento d’una tradizione, che da oltre quindici secoli innesta nella storia d’Europa e del mondo un contributo vitale di pensiero, di arte e di azione.
Lasciate ch’io vi manifesti una mia prima impressione, (…) e cioè: questa figura qui, singolare sì, non è tuttavia estranea. Austera ed assorta, essa guarda la febbrile attività che la circonda, con simpatia, con ammirazione, con fiducia, quasi egli, Sant’ Ambrogio, la vigilasse e la incoraggiasse ad entrare in un disegno a lui noto, in un concerto di cui sta preparando inattese armonie; quasi la proteggesse perché nessuna discordia la possa turbare, nessun errore la possa volgere ad inutile o tragico fine; e quasi ancora egli conciliasse su tanta umana fatica la speranza d’un merito che non si consuma nel tempo e la protezione d’una Bontà divina, rivelatrice dei segreti tesori che noi andiamo scoprendo nell’universo (…).
Familiare ed amica allora questa paterna figura, essa mi sembra annunciare qui dentro un presagio di grandissima importanza, un sintomo felicissimo per la soluzione d’uno dei più difficili e dei più urgenti problemi del nostro tempo. II problema è questo: quello dell’accordo del fatto cristiano e dello spirito religioso con la mentalità tecnico-scientifica del mondo moderno.
(…)
È chiaro che la frattura prodottasi tra la nostra tradizione religiosa e la nostra enorme e meravigliosa conquista della natura non può durare (…). Ed è chiaro altresì che una vigilia di nuova spiritualità, conforme alle esigenze dei raffinati ed esasperati animi moderni, ormai tutti ci risveglia (…) e freme quasi il bisogno d’una sintesi nuova di tutta questa conoscenza e di questa esperienza del mondo naturale, la quale ci porta alla fine a fissare nell’uomo, nella sua vita, nei suoi fenomeni sociali, nei suoi destini, il centro.(…) Ma la soluzione dei problemi, che l’inquieto mondo moderno viene inconsciamente reclamando, e che lo stesso progresso tecnico e sociale, di cui questa Fiera è meraviglioso campione, acutizza con implacabile urgenza, sembra ormai essere non solo necessario, ma possibile. Si tratta di dare a questa città dalle mille luci artificiali un nuovo raggio di luce viva e divina; (…) si tratta di rifare il ponte fra Cristo (…) e l’uomo.
(…)
Ed ecco il presagio; ecco l’inizio. Qui dove invenzioni e scoperte, formule e ritrovati d’ogni genere documentano il lavoro di ieri e di oggi e lasciano intravedere il progresso di domani, qui una novità superiore si annuncia e s’inaugura; è l’incontro del mondo nuovissimo e Cristo, l’eterno. (…).
Di questo incontro simbolo è Ambrogio; promotore, protettore è Ambrogio: il romano in suolo milanese, il magistrato diventato vescovo, il letterato divenuto maestro, uno dei più alti tipi di uomo civile, che si è fatto santo; il genius loci, il nostro spirituale rappresentante. (…)
Una nuova pace, una nuova prosperità, una nuova civiltà si irradiano sul cielo della storia.
Auspice è questa Fiera di Milano, Signor Presidente.
Se così è, gloria migliore non le poteva toccare.