Percorso tematico
Miracolo a Milano
«Signori miei, il tempo pulsa con un ritmo velocissimo e l’invecchiamento è rapido…»
Sono passati 100 anni da quando nel 1920 Luigi Bizzozero, Presidente del Comitato Esecutivo della Fiera di Milano, pronuncia il discorso inaugurale della prima edizione della Campionaria di Milano: parole emozionate e urgenti, che accompagnano un momento sentito come cruciale per lo sviluppo del commercio — visto come possibilità reale di benessere delle popolazioni, e per la città di Milano.
Un «punto di partenza e non di arrivo» di un processo che porti a «una possibilità di vita vitale» nella quotidianità delle persone.
Nasce così la casa che la cultura industriale italiana — e non solo — abiterà durante tutto il XX secolo, fra moda, design, innovazione tecnologica e architettura.
Da allora è stato un continuo succedersi di trasformazioni e rinascite — le guerre, le bombe, il miracolo italiano, le crisi, i cambiamenti dei costumi: la Fiera è riuscita sempre a «stare al passo», come diceva Bizzozero, con i cambiamenti repentini che hanno caratterizzato il corso del Novecento.
È una vetrina sul mondo, ma anche una vetrina del mondo.
Sono passati 100 anni da quando nel 1920 Luigi Bizzozero, Presidente del Comitato Esecutivo della Fiera di Milano, pronuncia il discorso inaugurale della prima edizione della Campionaria di Milano: parole emozionate e urgenti, che accompagnano un momento sentito come cruciale per lo sviluppo del commercio — visto come possibilità reale di benessere delle popolazioni, e per la città di Milano.
Un «punto di partenza e non di arrivo» di un processo che porti a «una possibilità di vita vitale» nella quotidianità delle persone.
Nasce così la casa che la cultura industriale italiana — e non solo — abiterà durante tutto il XX secolo, fra moda, design, innovazione tecnologica e architettura.
Da allora è stato un continuo succedersi di trasformazioni e rinascite — le guerre, le bombe, il miracolo italiano, le crisi, i cambiamenti dei costumi: la Fiera è riuscita sempre a «stare al passo», come diceva Bizzozero, con i cambiamenti repentini che hanno caratterizzato il corso del Novecento.
È una vetrina sul mondo, ma anche una vetrina del mondo.
Una cosmopoli dal tono risultante piuttosto elevato
Sorge «una nuova città alle porte di Milano», come viene descritta da Giovanni Titta Rosa sulle pagine dell’Ambrosiano in un articolo del 1923: «Ecco il padiglione della Musica che pare una moschea, ma non è. Quivi si raccoglieranno gli impalpabili suoni: l’arte più profonda e, forse, più italiana. Ed ecco i due grandi padiglioni e le due gallerie del mobilio; il salone della moda, che sarà decorato riccamente in stoffa. Qui converranno tutte le eleganze; e vi si daranno anche dei concerti».
Dai primi prefabbricati in legno, dai Bastioni di Porta Venezia a Porta Garibaldi, fino al Polo Fieristico di Milano Rho progettato da Massimiliano Fuksas, la Fiera non ha mai smesso di crescere attraendo visitatori dal tutto il mondo.
Nel 1923, per affrontare i primi problemi di spazio si era deciso di spostarla in Piazza d’Armi, dove i prefabbricati in legno vengono sostituiti con edifici permanenti.
È sempre Giovanni Titta Rosa, con la sua prosa leggera, e le sue descrizioni minuziose, a farci respirare l’atmosfera di quei primi anni di Fiera: «Se verrai, ti farò vedere la casa della elettricità, e vi potrai osservare tutte le operazioni domestiche, dalla stiratura delle camicie alla lucidatura delle scarpe. E questo lavoro si farà come in America: con l’aiuto di apparecchi elettrici. Sentirai che meraviglia! Poi ci saranno anche le bestie. Sì, anche le bestie. Trecento saranno i campioni della Mostra Zootecnica: ma io e te – lettore – non ci saremo, spero».
Nel 1930 la Fiera di Milano era già la terza al mondo per importanza e dimensioni, dopo Lipsia e Parigi: ogni anno venivano presentati i progressi della tecnologia a un pubblico che superava i 2 milioni di visitatori: naturale che anche i maggiori intellettuali e scrittori di quei tempi ne fossero attratti, e mettessero la loro penna al servizio dei giornali — per raccontarla a chi non poteva vederla con i propri occhi.
E così in archivio si trovano testimonianze del loro sguardo su questo nuovo, variopinto rito collettivo: come ad esempio un testo di Carlo Emilio Gadda — che per l’Ambrosiano aveva descritto abitudini e usi di chi animava i corridoi di questo «mondo che dura quindici giorni».
«Le tre o due lire che ognuno dei 400.000 mila visitatori ha introdotto negli sportelli della biglietteria, conferiscono alla popolazione della cosmopoli un tono risultante piuttosto elevato. Ognuno è conscio della necessità di “godere” il biglietto. L’abito buono, poi, dà a tutti un’aria di benessere domenicale, e il benessere, per quelli della provincia, è particolarmente confermato dai salubri colori del viso».
Sorge «una nuova città alle porte di Milano», come viene descritta da Giovanni Titta Rosa sulle pagine dell’Ambrosiano in un articolo del 1923: «Ecco il padiglione della Musica che pare una moschea, ma non è. Quivi si raccoglieranno gli impalpabili suoni: l’arte più profonda e, forse, più italiana. Ed ecco i due grandi padiglioni e le due gallerie del mobilio; il salone della moda, che sarà decorato riccamente in stoffa. Qui converranno tutte le eleganze; e vi si daranno anche dei concerti».
Dai primi prefabbricati in legno, dai Bastioni di Porta Venezia a Porta Garibaldi, fino al Polo Fieristico di Milano Rho progettato da Massimiliano Fuksas, la Fiera non ha mai smesso di crescere attraendo visitatori dal tutto il mondo.
Nel 1923, per affrontare i primi problemi di spazio si era deciso di spostarla in Piazza d’Armi, dove i prefabbricati in legno vengono sostituiti con edifici permanenti.
È sempre Giovanni Titta Rosa, con la sua prosa leggera, e le sue descrizioni minuziose, a farci respirare l’atmosfera di quei primi anni di Fiera: «Se verrai, ti farò vedere la casa della elettricità, e vi potrai osservare tutte le operazioni domestiche, dalla stiratura delle camicie alla lucidatura delle scarpe. E questo lavoro si farà come in America: con l’aiuto di apparecchi elettrici. Sentirai che meraviglia! Poi ci saranno anche le bestie. Sì, anche le bestie. Trecento saranno i campioni della Mostra Zootecnica: ma io e te – lettore – non ci saremo, spero».
Nel 1930 la Fiera di Milano era già la terza al mondo per importanza e dimensioni, dopo Lipsia e Parigi: ogni anno venivano presentati i progressi della tecnologia a un pubblico che superava i 2 milioni di visitatori: naturale che anche i maggiori intellettuali e scrittori di quei tempi ne fossero attratti, e mettessero la loro penna al servizio dei giornali — per raccontarla a chi non poteva vederla con i propri occhi.
E così in archivio si trovano testimonianze del loro sguardo su questo nuovo, variopinto rito collettivo: come ad esempio un testo di Carlo Emilio Gadda — che per l’Ambrosiano aveva descritto abitudini e usi di chi animava i corridoi di questo «mondo che dura quindici giorni».
«Le tre o due lire che ognuno dei 400.000 mila visitatori ha introdotto negli sportelli della biglietteria, conferiscono alla popolazione della cosmopoli un tono risultante piuttosto elevato. Ognuno è conscio della necessità di “godere” il biglietto. L’abito buono, poi, dà a tutti un’aria di benessere domenicale, e il benessere, per quelli della provincia, è particolarmente confermato dai salubri colori del viso».
1943-1946: la pausa bellica
Con la Seconda Guerra Mondiale l’intera produzione industriale viene assorbita dalle esigenze belliche e il numero di espositori cala. Nonostante il clima però nel 1942 si registrano comunque oltre 2 milioni di visitatori, a conferma della fama e della resilienza della Fiera Campionaria.
È il 12 aprile 1943 quando, dopo 23 anni, per la prima volta i cancelli della Campionaria rimangono chiusi.
Cala un silenzio di tre anni durante i quali i bombardamenti sulla città distruggono oltre la metà del patrimonio edilizio della Fiera.
Con la Seconda Guerra Mondiale l’intera produzione industriale viene assorbita dalle esigenze belliche e il numero di espositori cala. Nonostante il clima però nel 1942 si registrano comunque oltre 2 milioni di visitatori, a conferma della fama e della resilienza della Fiera Campionaria.
È il 12 aprile 1943 quando, dopo 23 anni, per la prima volta i cancelli della Campionaria rimangono chiusi.
Cala un silenzio di tre anni durante i quali i bombardamenti sulla città distruggono oltre la metà del patrimonio edilizio della Fiera.
“Milan l’è semper Milan”
Miracolo a Milano non è solo il titolo di uno dei film più commoventi di Vittorio De Sica, un’opera di fantasia cinematografica — ma anche una realtà concreta: la città, grazie alla tenacia dei suoi cittadini, ha sempre saputo rigenerarsi e rialzarsi dopo ogni tipo di avversità.
La stessa a cui fa riferimento in un articolo del 1946 lo scrittore Premio Strega Vincenzo Cardarelli per raccontare la rinascita della Fiera.
«Dopo i tre anni di pausa imposi dalla guerra, questa ventiquattresima Fiera di Milano ha riconquistato, contro tutti gli ostacoli e le difficoltà la sua posizione in mezzo a tutte le altre fiere d’Europa, Parigi, Valencia, Barcellona, Lione, Praga, Utrecht, Losanna erano già ripartite. Nessuna di queste città aveva subito i colpi che Milano ha subito dalla guerra. Ma “Milan l’è semper Milan” — e il miracolo si è compiuto.»
Iniziano gli anni della ricostruzione, e tra il 1947 e il 1950 sorgono nuovi edifici che ospiteranno negli anni a venire la Fiera: il Palazzo delle Nazioni, il Palazzo Emiciclo, l’ingresso d’onore di piazza Giulio Cesare.
La Campionaria ritrova nel tempo il suo carattere internazionale, come riporta Dino Buzzati in un articolo del Corriere della Sera del 1968:
«È oggi un internazionalizzatissimo operatore economico, con la faccia un po’ passata, vestito di grigio scuro, con in testa un cappello nero homburg, che parla correntemente quattro lingue oltre alla sua. Sempre meno spettacolo, sempre più sostanza».
Ma oltre a sviluppare la propria internazionalità, la Fiera intraprende una nuova direzione ponendosi l’obiettivo di potenziare la propria funzione di “mercato”.
Nasce così il Centro Internazionale degli Scambi (CIS), un complesso di servizi per facilitare l’incontro del produttore con l’operatore economico — attraverso l’istituzione di manifestazioni specializzate, che accentuano l’orientamento commerciale della manifestazione.
«La Fiera è la febbre ma è anche il termometro, che misura la salute di Milano e dell’Italia. Molto tempo prima che si pronuncino le specule e le sibille dell’economia ufficiale, la Fiera vi sa dire se farà bel tempo o burrasca, se gli affari fioriranno e se fioriranno invece i protesti cambiari», scrive sempre Buzzati.
Miracolo a Milano non è solo il titolo di uno dei film più commoventi di Vittorio De Sica, un’opera di fantasia cinematografica — ma anche una realtà concreta: la città, grazie alla tenacia dei suoi cittadini, ha sempre saputo rigenerarsi e rialzarsi dopo ogni tipo di avversità.
La stessa a cui fa riferimento in un articolo del 1946 lo scrittore Premio Strega Vincenzo Cardarelli per raccontare la rinascita della Fiera.
«Dopo i tre anni di pausa imposi dalla guerra, questa ventiquattresima Fiera di Milano ha riconquistato, contro tutti gli ostacoli e le difficoltà la sua posizione in mezzo a tutte le altre fiere d’Europa, Parigi, Valencia, Barcellona, Lione, Praga, Utrecht, Losanna erano già ripartite. Nessuna di queste città aveva subito i colpi che Milano ha subito dalla guerra. Ma “Milan l’è semper Milan” — e il miracolo si è compiuto.»
Iniziano gli anni della ricostruzione, e tra il 1947 e il 1950 sorgono nuovi edifici che ospiteranno negli anni a venire la Fiera: il Palazzo delle Nazioni, il Palazzo Emiciclo, l’ingresso d’onore di piazza Giulio Cesare.
La Campionaria ritrova nel tempo il suo carattere internazionale, come riporta Dino Buzzati in un articolo del Corriere della Sera del 1968:
«È oggi un internazionalizzatissimo operatore economico, con la faccia un po’ passata, vestito di grigio scuro, con in testa un cappello nero homburg, che parla correntemente quattro lingue oltre alla sua. Sempre meno spettacolo, sempre più sostanza».
Ma oltre a sviluppare la propria internazionalità, la Fiera intraprende una nuova direzione ponendosi l’obiettivo di potenziare la propria funzione di “mercato”.
Nasce così il Centro Internazionale degli Scambi (CIS), un complesso di servizi per facilitare l’incontro del produttore con l’operatore economico — attraverso l’istituzione di manifestazioni specializzate, che accentuano l’orientamento commerciale della manifestazione.
«La Fiera è la febbre ma è anche il termometro, che misura la salute di Milano e dell’Italia. Molto tempo prima che si pronuncino le specule e le sibille dell’economia ufficiale, la Fiera vi sa dire se farà bel tempo o burrasca, se gli affari fioriranno e se fioriranno invece i protesti cambiari», scrive sempre Buzzati.
La fine della Fiera Campionaria e l’inizio della Fondazione
Con la fine del XX secolo anche la Fiera Campionaria cambia pelle: nel 1990 si svolge l’ultima edizione, e da allora numerose fiere specializzate — che si alternano durante tutto l’arco dell’anno — ne hanno raccolto il testimone.
Ma la Fiera non si è fermata qui, e nel febbraio del 2000 è nata Fondazione Fiera Milano, con l’obiettivo — raggiunto poi nel 2005, di costruire la nuova Fiera di Milano sull’aerea di un’ex-raffineria fra i comuni di Rho e Pero.
Pur trasformandosi, ancora oggi la Fiera mantiene vivo lo spirito e le intenzioni originali, cui ha fatto riferimento anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento per l’inaugurazione del Supersalone, l’edizione 2021 del Salone del Mobile: «Questa occasione, che raccoglie coraggio d’impresa, creatività, fantasia e cultura, è di straordinario significato in questo momento del Paese per il suo rilancio e la sua ripresa. E in questo si esprime anche il ruolo della Fiera di Milano, punto d’incontro e di raccordo che consente la proiezione del nostro Paese verso i mercati».
Così, tra coscienza sociale e volontà di contribuire al bene comune, la Fiera di Milano continua a rinascere nel tempo.
Con la fine del XX secolo anche la Fiera Campionaria cambia pelle: nel 1990 si svolge l’ultima edizione, e da allora numerose fiere specializzate — che si alternano durante tutto l’arco dell’anno — ne hanno raccolto il testimone.
Ma la Fiera non si è fermata qui, e nel febbraio del 2000 è nata Fondazione Fiera Milano, con l’obiettivo — raggiunto poi nel 2005, di costruire la nuova Fiera di Milano sull’aerea di un’ex-raffineria fra i comuni di Rho e Pero.
Pur trasformandosi, ancora oggi la Fiera mantiene vivo lo spirito e le intenzioni originali, cui ha fatto riferimento anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento per l’inaugurazione del Supersalone, l’edizione 2021 del Salone del Mobile: «Questa occasione, che raccoglie coraggio d’impresa, creatività, fantasia e cultura, è di straordinario significato in questo momento del Paese per il suo rilancio e la sua ripresa. E in questo si esprime anche il ruolo della Fiera di Milano, punto d’incontro e di raccordo che consente la proiezione del nostro Paese verso i mercati».
Così, tra coscienza sociale e volontà di contribuire al bene comune, la Fiera di Milano continua a rinascere nel tempo.
Il Principio della Fenice
Se questa storia ti è piaciuta puoi ascoltarla qui (o su Spotify, Google Podcasts, Apple, Podcasts, Spreaker), raccontata da Valentina De Poli — voce e autrice del Principio della Fenice, il podcast ideato, prodotto e curato per Fondazione Fiera Milano da Promemoria Group per l’edizione 2020 della Settimana della Cultura d’Impresa promossa da Museimpresa: dieci storie per dieci realtà imprenditoriali internazionali che guardano con orgoglio al loro passato, ma che grazie a progetti visionari — e a preziose alchimie tra arte, cultura, ricerca e tecnologia — stanno già raccontando il futuro.
Se questa storia ti è piaciuta puoi ascoltarla qui (o su Spotify, Google Podcasts, Apple, Podcasts, Spreaker), raccontata da Valentina De Poli — voce e autrice del Principio della Fenice, il podcast ideato, prodotto e curato per Fondazione Fiera Milano da Promemoria Group per l’edizione 2020 della Settimana della Cultura d’Impresa promossa da Museimpresa: dieci storie per dieci realtà imprenditoriali internazionali che guardano con orgoglio al loro passato, ma che grazie a progetti visionari — e a preziose alchimie tra arte, cultura, ricerca e tecnologia — stanno già raccontando il futuro.