Percorso tematico
Di necessità virtù: l’aranciata San Pellegrino, un’invenzione da Fiera
Di come una delle bibite più famose al mondo sia nata per caso, fra i padiglioni della Fiera. Era il 1932.
Sanpellegrino è simbolo per eccellenza della tradizione gastronomica e imprenditoriale italiana, sinonimo di qualità, passione e convivialità in tutto mondo. Una storia iniziata molti anni fa: saperi e valori consolidati richiedono tempo, ingrediente fondamentale anche per le grandi imprese. Dal 1899 infatti la Sanpellegrino ha accompagnato l’evoluzione della società durante il XX secolo, diventando parte degli usi e dei costumi popolari in Italia e all’estero.
Sanpellegrino è simbolo per eccellenza della tradizione gastronomica e imprenditoriale italiana, sinonimo di qualità, passione e convivialità in tutto mondo. Una storia iniziata molti anni fa: saperi e valori consolidati richiedono tempo, ingrediente fondamentale anche per le grandi imprese. Dal 1899 infatti la Sanpellegrino ha accompagnato l’evoluzione della società durante il XX secolo, diventando parte degli usi e dei costumi popolari in Italia e all’estero.
E se da una parte è la celebre acqua frizzante, la cui distribuzione è partita nel 1908, a dominare l’immaginario collettivo, dai menù dei ristoranti ai supermercati, passando dai camerini delle star… dall’altra un prodotto che gli ha garantito un successo decennale è l’aranciata, commercializzata all’inizio degli anni trenta del Novecento e diventata presto di culto fra i consumatori. Una passione contagiosa, tale da creare variazioni sul tema: nel 1949 viene lanciata l’Aranciata Amara, nel 1958 il Chinotto Sanpellegrino, una bevanda dai toni agrumati ma dal gusto più deciso.
E se da una parte è la celebre acqua frizzante, la cui distribuzione è partita nel 1908, a dominare l’immaginario collettivo, dai menù dei ristoranti ai supermercati, passando dai camerini delle star… dall’altra un prodotto che gli ha garantito un successo decennale è l’aranciata, commercializzata all’inizio degli anni trenta del Novecento e diventata presto di culto fra i consumatori. Una passione contagiosa, tale da creare variazioni sul tema: nel 1949 viene lanciata l’Aranciata Amara, nel 1958 il Chinotto Sanpellegrino, una bevanda dai toni agrumati ma dal gusto più deciso.
Ma facciamo un passo indietro, perché l’aranciata come tutte le invenzioni che contano, ha origine da un’intuizione, da un lampo di genio, arrivato in un momento in cui era necessario fare di necessità virtù. Dunque la storia ha pochi elementi, ma fondamentali: la Fiera di Milano, un imprenditore visionario e dallo spiccato senso pratico, un gruppo di visitatori molto assetati, acqua gassata e succo d’arancia.
Ma facciamo un passo indietro, perché l’aranciata come tutte le invenzioni che contano, ha origine da un’intuizione, da un lampo di genio, arrivato in un momento in cui era necessario fare di necessità virtù. Dunque la storia ha pochi elementi, ma fondamentali: la Fiera di Milano, un imprenditore visionario e dallo spiccato senso pratico, un gruppo di visitatori molto assetati, acqua gassata e succo d’arancia.
Rappresentante farmaceutico, oltre che chimico industriale e impresario di successo, Ezio Granelli è stato membro del consiglio generale dell’Ente Fiera Milano dal 1928 al 1930, del quale divenne poi vicepresidente per un biennio (1931- 1933). Nel 1924 acquista la Sanpellegrino: l’azienda è in declino, ma sotto la sua direzione intraprende un percorso di innovazione, ricerca e sviluppo. Grazie alla produzione di bibite agrumarie, che danno grande slancio e visibilità al marchio in Italia e all’estero, Granelli risolleva le sorti della Sanpellegrino e la proietta in un futuro di grandi successi.
Rappresentante farmaceutico, oltre che chimico industriale e impresario di successo, Ezio Granelli è stato membro del consiglio generale dell’Ente Fiera Milano dal 1928 al 1930, del quale divenne poi vicepresidente per un biennio (1931- 1933). Nel 1924 acquista la Sanpellegrino: l’azienda è in declino, ma sotto la sua direzione intraprende un percorso di innovazione, ricerca e sviluppo. Grazie alla produzione di bibite agrumarie, che danno grande slancio e visibilità al marchio in Italia e all’estero, Granelli risolleva le sorti della Sanpellegrino e la proietta in un futuro di grandi successi.
Un’idea vincente
È a lui che dobbiamo l’invenzione dell’aranciata: nel 1932 era alla Fiera di Milano, i suoi ospiti avevano sete e lui pensò di dissetarli mescolando con l’acqua minerale gassata succo d’arancia e un pizzico di zucchero. La bevanda conquistò a tal punto i presenti che Granelli decise di commercializzare questa felice intuizione, e diede il via alla produzione industriale dell’Aranciata Sanpellegrino che riscosse subito un successo immediato anche su larga scala. Una trovata che cambia il destino dell’azienda di San Pellegrino Terme, tanto che la clavetta — la tipica fischietta in vetro nata nel 1932 in cui si imbottigliava l’aranciata — diventa esse stessa icona e un simbolo della progettualità Made in Italy, grazie alla sua forma e a una grafica che ricordano allo stesso tempo la buccia e la forma dell’arancia.
Ognuno di noi ha un ricordo legato all’aranciata Sanpellegrino: c’è chi la preferisce più o meno amara, chi non la scambierebbe mai con le sue concorrenti a stelle e strisce, ma è praticamente impossibile non trovarne una traccia fotografica negli album di famiglia, appoggiata sul tavolo di feste di compleanno, di matrimonio, di Natale.
È a lui che dobbiamo l’invenzione dell’aranciata: nel 1932 era alla Fiera di Milano, i suoi ospiti avevano sete e lui pensò di dissetarli mescolando con l’acqua minerale gassata succo d’arancia e un pizzico di zucchero. La bevanda conquistò a tal punto i presenti che Granelli decise di commercializzare questa felice intuizione, e diede il via alla produzione industriale dell’Aranciata Sanpellegrino che riscosse subito un successo immediato anche su larga scala. Una trovata che cambia il destino dell’azienda di San Pellegrino Terme, tanto che la clavetta — la tipica fischietta in vetro nata nel 1932 in cui si imbottigliava l’aranciata — diventa esse stessa icona e un simbolo della progettualità Made in Italy, grazie alla sua forma e a una grafica che ricordano allo stesso tempo la buccia e la forma dell’arancia.
Ognuno di noi ha un ricordo legato all’aranciata Sanpellegrino: c’è chi la preferisce più o meno amara, chi non la scambierebbe mai con le sue concorrenti a stelle e strisce, ma è praticamente impossibile non trovarne una traccia fotografica negli album di famiglia, appoggiata sul tavolo di feste di compleanno, di matrimonio, di Natale.
Un gusto popolare che piaceva anche agli intellettuali più esigenti: racconta Carmelo Bene che insieme a un suo collaboratore nel 1958 incontrò Albert Camus in un bar per chiedergli la possibilità di portare in scena il suo “Caligola”. Camus dopo aver ascoltato la sua proposta «chiamò il cameriere “Un’aranciata. E voi?”. “Per noi il solito doppio whisky”. Andò proprio così. Mi guardò negli occhi e ordinò l’aranciata. Era fatta. Scattò questa strana fiducia. Non volle nemmeno i diritti d’autore».
Nel tempo l’aranciata sarebbe diventata parte della quotidianità italiana, e non solo: una popolarità tale da ispirare anche uno scrittore raffinato come Gianni Rodari, che inserisce la bevanda in “I misteri di Venezia ovvero Perché ai piccioni non piace l’aranciata”, uno dei racconti più spassosi della sua raccolta “Novelle fatte a macchina” — composta da articoli originariamente pubblicati su “Paese Sera” nel corso del 1972.
Un gusto popolare che piaceva anche agli intellettuali più esigenti: racconta Carmelo Bene che insieme a un suo collaboratore nel 1958 incontrò Albert Camus in un bar per chiedergli la possibilità di portare in scena il suo “Caligola”. Camus dopo aver ascoltato la sua proposta «chiamò il cameriere “Un’aranciata. E voi?”. “Per noi il solito doppio whisky”. Andò proprio così. Mi guardò negli occhi e ordinò l’aranciata. Era fatta. Scattò questa strana fiducia. Non volle nemmeno i diritti d’autore».
Nel tempo l’aranciata sarebbe diventata parte della quotidianità italiana, e non solo: una popolarità tale da ispirare anche uno scrittore raffinato come Gianni Rodari, che inserisce la bevanda in “I misteri di Venezia ovvero Perché ai piccioni non piace l’aranciata”, uno dei racconti più spassosi della sua raccolta “Novelle fatte a macchina” — composta da articoli originariamente pubblicati su “Paese Sera” nel corso del 1972.
Scrive Rodari: «Il dottor Martinis, giovane esperto pubblicitario di belle speranze, va a Venezia con un carico di mangime per piccioni, travestito da mattonelle per pavimenti, e un incarico segreto della sua ditta, produttrice dell’aranciata Frinz. Egli pensa, giustamente: — Prima che Venezia venga inghiottita e digerita dalla Laguna, utilizziamola se non altro per fare la réclame a un prodotto tanto utile, particolarmente raccomandato ai fanciulli, alle persone anziane e agli arcivescovi.» «Il dottor Martinis, una certa mattina, farà spargere il mangime in piazza San Marco, ma non a vanvera né alla rinfusa, bensì secondo un disegno prestabilito: quando i piccioni, attratti da quella ghiottoneria, si poseranno sulla piazza, essi formeranno una scritta della lunghezza di metri ottantaquattro, che dirà: “Bevete Frinz!”.»
Scrive Rodari: «Il dottor Martinis, giovane esperto pubblicitario di belle speranze, va a Venezia con un carico di mangime per piccioni, travestito da mattonelle per pavimenti, e un incarico segreto della sua ditta, produttrice dell’aranciata Frinz. Egli pensa, giustamente: — Prima che Venezia venga inghiottita e digerita dalla Laguna, utilizziamola se non altro per fare la réclame a un prodotto tanto utile, particolarmente raccomandato ai fanciulli, alle persone anziane e agli arcivescovi.» «Il dottor Martinis, una certa mattina, farà spargere il mangime in piazza San Marco, ma non a vanvera né alla rinfusa, bensì secondo un disegno prestabilito: quando i piccioni, attratti da quella ghiottoneria, si poseranno sulla piazza, essi formeranno una scritta della lunghezza di metri ottantaquattro, che dirà: “Bevete Frinz!”.»
Forma e sostanza
Qualità e benessere sono due valori fondamentali per la Sanpellegrino: sin dagli esordi l’azienda ha lavorato per esportare questi concetti dall’Italia al resto del mondo, esplorando il linguaggio della comunicazione e della grafica attraverso la collaborazione con i migliori designer e artisti. Così i manifesti e le campagne del gruppo diventano emblema di un modo “all’italiana” di intendere la realtà, dove sapere vivere significa anche saper fare: la dolce vita che affonda i piedi in un sistema di maestrie ed eccellenze produttive dalla tradizione millenaria.
Qualità e benessere sono due valori fondamentali per la Sanpellegrino: sin dagli esordi l’azienda ha lavorato per esportare questi concetti dall’Italia al resto del mondo, esplorando il linguaggio della comunicazione e della grafica attraverso la collaborazione con i migliori designer e artisti. Così i manifesti e le campagne del gruppo diventano emblema di un modo “all’italiana” di intendere la realtà, dove sapere vivere significa anche saper fare: la dolce vita che affonda i piedi in un sistema di maestrie ed eccellenze produttive dalla tradizione millenaria.
Attraverso un racconto basato sul gusto della tavola, della condivisione e della convivialità, le bibite Sanpellegrino sono diventate un simbolo storico e culturale celebre in tutto il mondo. Ieri come oggi, oggi come domani.
Attraverso un racconto basato sul gusto della tavola, della condivisione e della convivialità, le bibite Sanpellegrino sono diventate un simbolo storico e culturale celebre in tutto il mondo. Ieri come oggi, oggi come domani.